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Cipì

Stavo vagando per il piazzale davanti a casa, senza la compagnia del mio amico Gio.

Non avremmo giocato insieme fino al giorno successivo oppure in serata, perché aveva da fare da qualche parte con i suoi genitori.

Giocavamo insieme quasi tutti i giorni. Avevamo un sacco di cose da fare. La nostra agenzia aveva appena aperto i suoi battenti. Poi dovevamo esercitarci con lo skateboard e fare la gara di salto con l'altalena. Gio mi aveva dato indicazioni precise sul tipo di skate che dovevo acquistare: tavola stretta e maneggevole.


Era d'estate e la gabbia del canarino Cipì era all'esterno, appesa alla parete del balcone di Gio. Mi piaceva sedermi direttamente sul piazzale e sentire il calore dell'asfalto sulle gambe e il cinguettio di Cipì in lontananza.


Quando Gio era andato in vacanza per una settimana, mi aveva lasciato il suo canarino in custodia. Faceva strano entrare giornalmente nell'appartamento deserto. Il primo giorno mi era sembrato di profanare un luogo sacro.

La seconda volta ero stata più baldanzosa e al poster di Sabrina Salerno che prorompeva dalla stanza del mio amico, avevo alzato il sopracciglio.


Ma quel giorno d'estate dal balcone di Gio non proveniva nessun cinguettio.

Mi stavo giusto chiedendo il motivo, quando improvvisamente vedo un uccellino giallo saltellare sul piazzale. Mi sento raggelare.


Mi avvicino e lo riconosco. Cipì era volato fuori dalla gabbietta!

Realizzo rapidamente che devo arrangiarmi da sola. Citofonare ai miei genitori sarebbe stata un'idea, ma nel nostro palazzo non esistevano ancora i citofoni. Sarebbero arrivati vari anni dopo, ma allora noi avevamo già cambiato indirizzo. Non parliamo dei cellulari, doveva passare ancora un decennio. E poi non volevo perdere di vista Cipì.


Il piazzale era deserto. Nessun passante, nessun suono.


Merda, mi dico.

Cerco di avvicinarmi a passi felpati e penso che Sabrina Salerno sarebbe stata naturalmente più felina. Mentre rido mentalmente della sciocchezza, realizzo con orrore che non riuscirò ad acchiappare Cipì, che nel frattempo si è rapidamente allontanato oltre la siepe.


Sono quei momenti dove sai perfettamente che devi mollare, che non c'è molto che si possa fare. Ma una parte di te non riesce ad arrendersi e continua ad inseguire un'ombra.


Il giorno dopo me la vedrò con Gio e riuscirò a fatica a confessargli il mio fallimento e lui si lascerà andare a piangere, in mia presenza.


Non per niente, è stato il migliore amico della mia infanzia.


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